mercoledì 4 novembre 2009

QUANDO L'IMMONDIZIA EMERGE IRRIMEDIABILMENTE (di Julen Arzuaga)

articolo ripreso da Gara del 28 di Giugno 2008 - scritto da Julen Arzuaga giurista e membro di Giza Eskubideen Behatokia


La repressione accumulata per lunghi anni, che lo stato spagnolo prova constantemente a nascondere, mettendo a tacere le sue cause così come i suoi effetti,riemerge sempre, trabocca più volte fuori da questo
occultamento,secondo la riflessione di Julen Arzuaga, "se non da sola, almeno con una piccola spinta di alcuni anonimi cittadini.

Mi viene in mente un episodio in cui Homer Simson cerca di nascondere sotto il prato del suo giardino tutta la spazzatura prodotta dalla sua nota famiglia.Fino a quando il giardino si satura. Quando prova a seppellire l'ultimo carico di rifiuti, li copre da una parte e PLOP!, dall'altra parte appare quello che aveva nascosto la settimana precedente. Il personaggio spinge in profondità la bicicletta arrugginita che è appene uscita fuori ma dall'altra parte del giardino esce fuori il televisore rotto seppellito giorni prima.

Lo stato spagnolo e tutta la sua struttura amministrtiva, hanno messo in pratica negli ultimi anni un sistema simile per nascondere l'immondizia, la miseria, il dolore generati dall'applicazione dei diversi meccanismi repressivi (di fatto tutti quelli di cui disponeva ), contro la dissidenza basca.
Ha preteso che questa dinamica contasse sulla più assoluta impunità mentre funzionava, per un periodo almeno,il nascondere le proprie vergogne sotto il prato del proprio giardino posteriore: le legislazioni
d'emergenza, i tribunali speciali, la guerra sporca, la politica del" tirare a ammazzare", la costante pratica della tortura, il costante inasprimento della politica penitenziaria, l'estenzione della definizione
di "terrorista" a qualsiasi attività pubblica e pacifica e in sostanza, questa sorta di "barra libre" della repressione che da tempo hanno inaugurato. Una dose altissima di sofferenza che ha previsto un
rabbrividente numero di perseguitati politici, numero che anche se si mettono in campo tutti gli strumenti del caso, risulta impossibile da nascondere.

Mezzi di comunicazione devoti al regime, si lamentavano del fatto che avevano poca presa sugli apparati internazionali, che gli rinfacciavano il proprio intoccabile stato di diritto (sottile ironia). Di sicuro, il
Relatore delle Nazioni Unite per la Tortura, Theo van Boven, realizzò un dossier demolitore contro lo stato spagnolo che quest'ultimo ha preferito aggirare e, per tutta risposta, ha calunniato l'esperto olandese
accusandolo di attingere a fonti terroriste.Nello specifico, il relatore ha paragonato il contesto spagnolo al regime argentino del dittatore Vileda, non tanto per la gravità dei fatti, quanto per l'atteggiamento delle
autorità spagnole, ossessionate nel negare l'evidenza. Così, difronte alla successiva richiesta del Relatore per la Difesa dei Diritti Umani nella lotta Antiterrorista, il finlandese Martin Scheinin non ha recitato
il copione assegnatogli previamente dalla stampa spagnola. Siccome le conclusione a cui arrivava - ricordando la pratica della tortura, il ruolo giuocato dall'Audiencia National e l'applicazione delle misure eccezionali - non piacevano ai loro referenti governativi, i responsabili della stampa optarono per nascondere le sue raccomandazioni e situarlo direttamente nel mucchio degli illegalizzabili: "Il Relatore dell'ONU non condanna l'attentato" titolava la stampa ultramontana, riferendosi alla sua
posizione pubblica difronte all'azione di ETA contro la caserma di Legutio. Le parole del dossier presentato dall'esperto, acquistano più valore che mai : "quando si comincia a scendere questa china si corre il pericolo di calpestare molti diritti".

Ma questa ostinazione a fare le cose "alla chetichella" non è propria solo delle autorità centrali. L'atto di solidarietà con le vittime del terrorismo organizzato recentemente nel Kursaal dal governo di Gasteiz
cerca chiaramente di applaudire alcuni e spedire altri nella catacombe della dimenticanza. Il così denominato da Ibarretxe "Piano per la Pace e la Convivenza" considera che l'unica violenza è quella del regime precedente al 1978 e quella di ETA. Perchè, interpretandolo in un'altra maniera, dovrebbe anche dare spiegazioni sulle responsabilità della sua polizia in relazione alla violazione dei diritti umani dei cittadini baschi.

In questo modo, si colloca comodamente al fianco di alcuni ma contro altri, questi altri che gli ricordano che non sono riconosciuti nella loro sofferenza, meno che mai considerati e, quel che è più grave, che non si adottano misure per evitare che questa pratica dolorosa si ripeta, sottolineando così l'incapacità delle istituzioni autonome di difendere i propri cittadini.

Coerentemente con questo atteggiamento, il Comune di Zizurkil, amministrato dall'apartheid dal PNV, ha cancellato con i voti del PSOE e del PP il nome della piazza dedicata alle vittime del terrorismo di stato Joxe Arregi e Jose Luis Geresta. Ma questa posizione non sembra essere sufficiente quando l'Audiencia National ha chiamato a dichiarare il sindaco di Arrigorriaga, anche lui del PNV, per aver voluto mantenere il nome alla piazza dedicata a Miguel Angel Benaran "Argala". Il PNV "si sporca i vestiti per non doverli
rimettere nell'armadio".

Ma noi cittadini e cittadine abbiamo assunto l'impegno, non privo di difficoltà, di scavare in modo deciso perchè l'immondizia della repressione esca in superficie. Alcuni, oggi sono sotto processo all'Audienza Nazionale a causa di questo lavoro nel procedimento 33/01 contro il movimento pro amnistia. Anche quì è arrivato il lungo mantello dell'occultamento : la presidentessa del tribunale, ha cercato di evitare che i testimoni della difesa rendessero pubbliche le loro esperienze di vita in relazione alla repressione dello stato. Così, in modo più o meno altisonante, Teresa Palacios, ha interrotto le testimonianze dei torturati
Otamendi e Romano, i racconti di Edurne Brouard, Arantza Lasa e Carmen Manas in relazione alla morte dei loro familiari per mano degli apparati più sporchi dello stato. Goreti Ormazabal non ha potuto raccontare l'esecuzione di suo fratello Juan Mari ucciso dagli agenti della Ertzaintza ; si è ammesso appena che Andoni Txasko parlasse dei fatti del 3 marzo del 76 quando la polizia armata uccise 5 operai che stavano facendo un'assemblea in una chiesa di Gasteiz, rimanendo esso stesso ferito.
Maria Josè Campos,Kontxi Luna e Mattin Troitino, hanno potuto a mala pena descrivere le condizioni di vita che subiscono i loro familiari in prigione. All'ultimo di loro, la presidentessa del tribunale interruppe
l'esposizione dell'allegato incalzandolo dicendo che non raccontasse "film".

Questa ossessione a considerare la realtà un film e provare a nascondere le cause e gli effetti della repressione è stata tuttavia inutile. Il pubblico ministero stesso durante il processo, con la pratica della prova documentale, ha portato in tribunale rassegne stampa che dovevano essere lette pubblicamente e che descrivevano episodi di repressione e violenza di stato, con l'intenzione di mostrare il nostro atteggiamento nei loro confronti, come altre migliaia di persone. Atteggiamenti di protesta, di
gente che alzava la voce con l'unica pretesa di rendere nota questa realtà occulta, di far luce su questa. Questo, almeno per quello che abbiamo potuto vedere, perchè non abbiamo dubbi che le cloache dello stato hanno più di un meandro, curve e angoli ancora sconosciuti e ben più oscuri.

E' palese che l'immondizia accumulata in anni di repressione, in modo cocciuto, straripa più e più volte fuori dalle barriere di contenimento che, chi la vuole interrare, ha collocato. La miseria della repressione riemerge continuamente per ricordare allo stato la propria responsabilità. Per quanto questo stato, emulando Homer Simpson nel giardino di casa sua, pretenda liquidarla.

(Traduzione ad opera di EHL FIRENZE)

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